La pratica del Counselling nel "prendersi cura" delle relazioni: Alimentazione e Consapevolezza di sé

12.06.2020

In questo articolo verrà descritta un'esperienza promossa da operatori sanitari e finalizzata alla prevenzione. In particolare verrà evidenziato come il counselling a orientamento analitico-transazionale possa affiancarsi all'opera del dietologo e del nutrizionista fornendo strumenti per aumentare la consapevolezza di sé necessaria per acquisire uno stile alimentare teso al bene-essere.

L'applicazione delle competenze del counselling rappresenta un'opportunità per vivere in modo consapevole e professionale il processo relazionale, non solo per quanto riguarda il contenuto, ma anche per quanto riguarda le modalità.

Lo scopo è facilitare la persona a potenziare le proprie risorse e creare le condizioni relazionali e ambientali che contribuiscono al suo benessere. Pertanto le competenze di counselling possono essere utilizzate per meglio strutturare la relazione, senza mai dimenticare che ciò che rende efficace la comunicazione è la disponibilità ad "essere" nella relazione in modo autentico ed empatico, ad ascoltare attivamente per poter capire e farsi capire dall'utente con uno spirito di accettazione incondizionata dell'altro nella sua unicità.

Il progetto di collaborazione nasce dall'incontro professionale con i Medici e Biologi della Fondazione "DD Clinic Research Institute" i quali, consapevoli dei danni provocati da abitudini alimentari e stili di vita non sani, sono impegnati in azioni cliniche e sociali finalizzate alla prevenzione particolarmente attenta alla sensibilizzazione delle persone ad adottare un corretto stile alimentare, riscontrando spesso resistenze al cambiamento di abitudini e stili di vita non sani.

Da questo l'idea di una collaborazione che ha come obiettivo il benessere della persona, nella sua totalità, relazionale e fisica.

La persona al "centro", quindi, nella sua Unicità!

Questa convinzione, in linea con il principio filosofico dell'Okness, ci ha fatto considerare ogni partecipante come il maggior esperto di se stesso. Da ciò nasce un progetto teso ad aiutare le persone a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e del proprio potenziale, la cui espressione è talvolta ostacolata da convinzioni non funzionali al benessere.

È stata utilizzata una metodologia che ha coinvolto gli utenti consentendo loro di comprendere in modo nuovo il significato delle abitudini alimentari non sane e la possibilità di utilizzare la consapevolezza dei propri bisogni e delle risorse insite in loro per sperimentare cambiamenti.

Il percorso, a cui hanno partecipato 12 persone di sesso diverso ed età tra i 25 ed i 60 anni, ha avuto una durata di 5 incontri di circa 3 ore con un tipo di contratto triangolare del Counsellor e del Nutrizionista con la DD Clinic e con il gruppo partecipante.

Nello specifico un contratto tra Nutrizionista, Counsellor e DD Clinic nel quale è stato definito l'obiettivo, la metodologia, la strategia operativa e le tecniche utilizzate. In particolare è stato definito che il progetto era teso alla prevenzione attraverso una corretta informazione alimentare integrata da una specifica informazione sugli aspetti emotivi e relazionali che entrano in gioco nelle abitudini di vita di ogni soggetto. Inoltre sono stati definiti gli aspetti amministrativi (sede, giorni e orari, attrezzature, etc...)

Il contratto tra DD Clinic (Nutrizionisti, Counsellor) e gruppo di partecipanti al corso obiettivo è stato teso a spiegare l'obiettivo del corso "Un Percorso di educazione alimentare che porti ad una "dieta" consapevole, rispettando, le esigenze nutrizionali del nostro organismo ma senza privarvi del piacere di mangiare" e ad ascoltare le esigenze individuali dei partecipanti.

Ogni incontro è stato strutturato in due parti: una dedicata alla informazione - formazione rispetto all'alimentazione con successiva degustazione e l'altra dedicata alla "conoscenza e consapevolezza di sé".

Metodologia e strategia Analitico Transazionale adottata: decontaminazione dell'Adulto da giudizi e pregiudizi che ostacolano il prendersi cura. In particolare nei cinque seminari è stato approfondito come il mangiare senza controllo, masticare rabbiosi, utilizzare il cibo come valvola di sfogo o fonte di gratificazione, può servire ad allentare alcuni stati emotivi. Ci si è soffermati sull' l'influenza delle emozioni sui comportamenti alimentari e sull'importanza di individuare il significato che la persona attribuisce al cibo. L'idea è che si possa modellare la propria stessa esperienza, in modo consapevole, e cambiare intensificando i comportamenti alimentari tesi al benessere.

Partendo dal principio etico dell'Okness, abbiamo iniziato il percorso descrivendo come gli stati dell'Io vengono utilizzati nelle relazioni quotidiane (struttura e funzione), accompagnando i partecipanti ad apprenderne l'utilizzo anche attraverso esercitazioni.

L'interazione con i partecipanti è stata volta all'identificazione dello stato dell'Io prevalentemente usato da ciascuno con esempi di frasi prevalentemente usate da ciascuno e con particolare attenzione sia all'aspetto verbale, quindi al contenuto, che al non verbale e paraverbale. Sono state fatte simulate di un dialogo, tra ciascuno di loro e il counsellor chiedendo agli altri partecipanti di identificare gli stati dell'Io utilizzati.

Abbiamo proseguito con la scoperta delle tre "fami": fame di stimoli, di riconoscimento e di struttura. Abbiamo parlato a lungo delle carezze come unità di riconoscimento esistenziale approfondendo alcuni aspetti: cos'è una carezza: imparare a darne ed a riceverne iniziando da sé stessi; "com'è la nostra dieta di carezze? Abbondante o scarsa? Equilibrata?" Le carezze non si mangiano ma nutrono". Abbiamo approfondito il motivo e la modalità con cui questo speciale nutrimento influisce sulla qualità della nostra vita e delle relazioni e l'importanza di chiedere alle persone importanti della nostra vita le carezze di cui abbiamo bisogno. Le carezze che otteniamo chiedendole, non hanno meno valore di quelle che ci vengono date spontaneamente. Un abbraccio chiesto, non vale meno di un abbraccio spontaneo.

Questo è stato uno dei momenti in cui ho fortemente percepito nelle persone partecipanti un contatto profondo con se stessi. Lunghe pause in silenzio che ho "ascoltato" rispettando l'intimità che ognuno viveva.

Girando tra loro seduti in semicerchio ho posto una mano sulla spalla di un partecipante, chinandomi leggermente verso di lui, con tono pacato gli ho chiesto come era andata la sua giornata di lavoro. Da questo ho spiegato come da adulti le carezze con le quali riusciamo ad appagare il nostro bisogno di essere riconosciuti, possono essere rappresentate anche da dei complimenti, un sorriso, una stretta di mano, un'occhiata benevola etc.

Vi riporto l'esperienza vissuta da una persona all'incontro successivo:

"mio marito era sul divano come tutte le sere a guardare la televisione ed io come di consueto seduta sullo stesso divano ma distante da lui ad aspettare che allungasse la sua mano per tenere la mia o che mi lasciasse poggiare la testa sulla sua spalla abbracciandomi. Ieri sera, per la prima volta, timidamente ho allungato la mia mano sulla sua, lui mi ha guardato con un po' di stupore quasi ad aspettarsi che volessi dirgli qualcosa... gli ho detto solo "mi abbracci?"...Era stupito da questa mia modalità sconosciuta a lui e confesso anche a me ma lo ha fatto e io, accoccolata a lui, ho sentito una emozione nuova, ero serena, "libera", leggera...."

Abbiamo parlato del modo in cui i comportamenti spinta condizionino i comportamenti e, di conseguenza, le relazioni.

Tutti possiamo esserne condizionati, ma la maggior parte di noi ha una propria spinta preferenziale (di cui in genere non è consapevole). Essa appare positiva, ma in realtà fa sentire la persona in "gabbia" perché deve necessariamente esibire quel comportamento per sentirsi bene con sé stessa.

Ci si è particolarmente soffermati su quanto è importante capire che le emozioni sono una risorsa, non una debolezza. Aiutano ad affrontare determinate situazioni, a comunicare gli stati d'animo e quindi a migliorare le nostre relazioni con gli altri.

Tra l'altro non siamo responsabili delle nostre emozioni, e allora perché nasconderle?

L'emozione è un qualcosa di passeggero che proviamo in un dato momento e permette di affrontare la realtà di quel momento e di quel contesto. Paura, rabbia, tristezza, gioia, disgusto: ciascuna emozione, piacevole o spiacevole svolge la sua funzione perciò è importante sentirla ed esserne consapevoli.

Un crescendo di conoscenze e di condivisione di esperienze e vissuti ha portato il gruppo alla scoperta di nuove consapevolezze.

Con il proseguire degli incontri si è creato un clima in cui ognuno, dando sempre più voce al proprio Bambino -ad ogni incontro in maniera sempre più profonda - è entrato in contatto con le proprie emozioni ed i propri bisogni. Ad ogni incontro si è scelto di dedicare uno spazio iniziale per condividere le esperiente vissute di ognuno con "occhi nuovi", usciti dalla nostra aula, nella quotidianità.

Alla fine del percorso ognuno ha riferito di avere una nuova consapevolezza di se, di sentirsi più libero, più autentico con se stesso e nel relazionarsi con gli altri.

Da questa esperienza mi porto la gioia di aver sperimentato anche in un contesto di gruppo quanto profonde siano le emozioni vissute e condivise nell'incontro autentico e quanto l'Analisi Transazionale, promuovendo una conoscenza profonda di sé, possa essere un valido aiuto nella prevenzione in quanto integra le informazioni necessarie rispetto a corrette abitudini alimentari con la consapevolezza di sé necessaria per migliorare il proprio stile di vita.

In questo articolo si riporta l'esperienza di un percorso di "Alimentazione e Consapevolezza di sé" Il cibo del cambiamento.